La nuova legge sulla lettura

Marcel Barbeau, Reflets Printanieres, 1989 (Wikiart)
Marcel Barbeau, Reflets Printanieres, 1989 (Wikiart)

Il 5 febbraio 2020 è stato approvata in via definitiva al Senato la cosiddetta legge sulla lettura.

Il parere (che ancora non c’è) della Lettura nonostante

La nostra associazione, La lettura nonostante, non ha preso una posizione ufficiale; forse è ancora presto; probabilmente le persone che ne fanno parte hanno pareri diversi, e alcuni di noi certo non hanno ancora un parere definito (io per esempio: anche se tendo leggermente verso il favore alla legge).

Che cosa ne pensiamo/pensate?

Sarebbe interessante raccogliere i diversi punti di vista. Se vi andasse di lasciare delle osservazioni, potreste usare i commenti.

Ci interessa ragionare sull’opportunità o meno della legge, sulle scommesse complicate sulle quali si basano sia i pareri favorevoli sia quelli contrari: che sono entrambi scommesse sugli effetti futuri della legge sul mercato del libro e soprattutto sui lettori, sui loro comportamenti, sulle scelte di acquisto, sulle possibilità di acquisto, di uso delle biblioteche, sugli effetti sulla lettura a scuola, sul lavoro che fanno le librerie. In generale, sarebbe auspicabile che la faccenda venisse avvicinata senza pregiudizi e allargando le prospettive, considerando quindi tutti gli interessi, i desideri e le passioni.

La domanda che dovremmo farci

La domanda che dovremmo farci è:
Quali effetti avrà questa legge sull’ecosistema della lettura, sugli spazi, le opportunità, le possibilità di leggere e di parlare con altri lettori (e magari non lettori) dei libri che leggiamo?

Gli sconti? (Aspetta un secondo, ti prego!)

Diciamo subito che fra le varie disposizioni della legge, l’unica della quale si parla parecchio è la faccenda degli sconti sui libri, che divide molto e della quale ci occupiamo più avanti, dopo aver visto il resto.

Leggiamo il testo della legge

Intanto diciamo che dovremmo leggere cosa è scritto in questa legge: per farlo possiamo scaricare il testo in pdf dal sito del Senato: (Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura, sul sito del Senato il testo completo in pdf).

Vediamo ora in breve alcuni punti della questione; è una sintesi arbitraria, vorrei che servisse per stimolare una discussione, non certo per dire una parola definitiva.

Promozione della lettura

La legge viene definita dai promotori un importante passo in avanti per la promozione della lettura nel nostro paese: contiene numerose disposizioni promettenti che dovrebbero appunto favorire la lettura, su tutti i piani, sia commerciali-privati sia pubblici, lettura come bene comune. La legge dovrebbe dunque aiutare a (è uno passaggio del testo):

diffondere l’abitudine alla lettura, come strumento per la crescita individuale e per lo sviluppo civile, sociale ed economico della Nazione, e favorire l’aumento del numero dei lettori, valorizzando l’immagine sociale del libro e della lettura nel quadro delle pratiche di consumo culturale, anche attraverso attività programmate di lettura comune. (Da notare questo accenno alla “lettura comune”)

Le biblioteche pubbliche e le librerie

Per questo fra gli obiettivi delle disposizioni c’è anche quello di

promuovere la frequentazione delle biblioteche e delle librerie e la conoscenza della produzione libraria italiana, incentivandone la diffusione e la fruizione”, oltre a quello di “prevedere interventi mirati per specifiche fasce di lettori e per i territori con più alto tasso di povertà educativa e culturale, anche al fine di prevenire o di contrastare fenomeni di esclusione sociale.

I patti per la lettura

La promozione passa dunque anche attraverso i cosiddetti “patti locali per la lettura” per “coinvolgere le biblioteche e altri soggetti pubblici, in particolare le scuole, nonché soggetti privati operanti sul territorio interessati alla promozione della lettura”.

Capitale italiana del libro

Ogni anno, inoltre, verrà scelta una “Capitale italiana del libro”: la selezione avviene sulla base dei progetti presentati dalle città che si candidano al titolo, e “i progetti della città assegnataria sono finanziati entro il limite di spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2020”.

Per le librerie indipendenti con meno di 20mila euro di fatturano annuo ci saranno incentivi fiscali; e verrà compilato per le “librerie indipendenti di qualità”.

I soldi

E con quanti soldi si dovranno fare queste cose? La nuova legge istituisce un Fondo – in dotazione del Centro per il libro e la lettura – per l’attuazione del “Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura”, di 4.350.000 euro annui a partire dal 2020. Non sono molti soldi, ha ammesso Flavia Nardelli Piccoli (del Pd), prima firmataria della legge. A Simonetta Fiori di Repubblica ha detto che “è una legge poco finanziata, ma con capitoli di spesa già aperti e questo rende più facile rifinanziarli”.

Una legge che divide

Tuttavia, a leggere e ascoltare i protagonisti del mercato del libro si capisce che la legge, almeno per ora, divide radicalmente i protagonisti della filiera del libro fra i favorevoli e i contrari a una norma in particolare fra quelle contenute nella legge: la norma che regola gli sconti.

Gli sconti

È in sostanza previsto dall’articolo 8 che il tetto massimo di sconto praticabile sia del 5% sul prezzo di copertina, mentre fino a oggi era del 15%. È una norma molto apprezzata dalle librerie indipendenti che da sempre sostengono che la politica indiscriminata di sconti sia un’arma nelle mani delle grandi catene di librerie e di Amazon per strangolare la concorrenza dei piccoli librai. I quali, sostengono, impedendo sconti che noi non possiamo permetterci, la partita sul mercato si gioca in modo più equo, favorendo tutto il movimento della lettura.

Contrari gli editori

Contrari sono invece quasi tutti gli editori, che sostengono che meno sconti equivalgono a prezzi più alti e quindi a meno lettori. Su Repubblica, Fiori ha citato Riccardo Levi, presidente della Associazione italiana editori (Aie): sostiene che il settore perderà 75 milioni di euro con duemila posti di lavoro a rischio. Gli editori chiedono ora detrazioni fiscali sull’acquisto di libri e il rafforzamento del “bonus cultura” per i diciottenni.

Il sostegno dei librai indipendenti

I librai indipendenti, a loro volta, dicono: cari editori, finitela di fissare prezzi di copertina più alti del dovuto per poi promuovere i vostri libri nelle catene e su Amazon praticando immediatamente dopo l’uscita del libro sconti selvaggi che ci tagliano fuori dal mercato.

L’Associazione dei librai italiani (Confcommercio), così motivava la richiesta di una legge come quella approvata a febbraio 2020:

Le catene editoriali e la grande distribuzione possono oggi permettersi di contaminare il sempre più aggressivo mercato del libro con i loro meccanismi di sconto seducenti, causando irresolubili problemi di sopravvivenza per le piccole e medie librerie. Ciò è dovuto ad un clamoroso vuoto legislativo.
Da anni e da più parti si sollecita la promulgazione di una LEGGE SUL LIBRO che regolamenti una volta per tutte il mercato editoriale-librario.
La scelta più opportuna è senz’altro quella di ispirarsi alle normative vigenti nella maggioranza dei Paesi UE, quali ad esempio la Francia, la Germania, la Spagna dove le librerie e TUTTI i luoghi nei quali si vendono libri non praticano sconto o questo è estremamente limitato.
Una regola semplice, quella del prezzo fisso, alla quale devono attenersi, anche per le vendite attraverso internet, tutti gli operatori: le librerie di catene editoriali, le librerie indipendenti, la Grande distribuzione e i supermercati, che giocano i rispettivi destini su parametri di qualità, professionalità e offerta bibliografica.
Studi approfonditi e ben documentati evidenziano con chiarezza che la regolamentazione dell’offerta di sconto sul prezzo di copertina contribuisce a mantenere stabile il prezzo dei libri.
In Francia grazie alla legge sul prezzo fisso, le librerie indipendenti sono cresciute di oltre il 30%, con conseguente aumento dei lettori.

Il prezzo influisce poco sulla lettura?

Sempre su Repubblica Alessandro e Giuseppe Laterza hanno sostenuto il valore della legge dicendo, in sostanza:
– non è il prezzo del libro che determina il livello di lettura in Italia; – dipende invece da fattori strutturali come i bassi investimenti nella scuola e nel sistema pubblico e privato della cultura; – bisogna valorizzare la funzione delle librerie, riconoscendone la capacità di far crescere culturalmente il territorio circostante; – va sostenuta la “battaglia” per le “piazze del sapere”, vale a dire le biblioteche pubbliche, “che animano mille iniziative, diventando luoghi di incontro privilegiati del quartiere e della città”.

Il prezzo conta, invece!

Nel fronte contrario alla legge anche coloro che confidano nel mercato come regolatore unico di queste controversie. Cito per esempio Serena Sileoni vice direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni che su Twitter ha scritto:

“Il senato ha approvato all’unanimità la legge sui libri che consente sconto max 5%. Alzi la mano chi non ha approfittato degli sconti per leggere di più e scoprire libri nuovi. Più che la lettura, qui si promuove l’ignoranza. Un obiettivo tutto sommato coerente con la politica.”

La democrazia è quella cosa per cui le idee di pochi si combinano con gli interessi di pochi, nel falso nome del bene di tutti. La legge che praticamente azzera gli sconti sui libri ne è un perfetto esempio: il popolo, semplicemente, leggerà meno di quanto già facesse.

Sileoni ha poi articolato il suo parere in un articolo scritto insieme a Carlo Stagnaro pubblicato sul Foglio del 7 febbraio 2020 (ripubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni):

Lettura senza sconti
La “legge Levi” già non funziona: meno librerie e libri più costosi. Peggiorarla è davvero suicida
Vietare gli sconti farà leggere di più? Il buon senso porterebbe a dire di no: se non sappiamo dire quanti libri sono stati venduti proprio grazie agli sconti, sappiamo però che abbassare il prezzo è uno dei modi più semplici e tradizionali di aumentare le vendite. Nella legge per la “promozione e il sostegno alla lettura” appena approvata in Parlamento, tra altre disposizioni di programmazione e di natura fiscale, viene introdotto di fatto il divieto di sconti sui libri: d’ora in poi, sul prezzo di copertina non si potranno fare sconti superiori al 5 per cento. Un libro da 10 euro non potrà essere acquistato a meno di 9,50; uno di 15, a non meno 14,25; uno di 20, a non meno di 19.
La prima notizia sta nelle modalità di votazione. Contro questa legge non si è espresso nessun voto contrario, né alla Camera (dove vi sono stati zero contrari e 61 astenuti), né in Senato, dove tutti i voti sono stati favorevoli. Poiché il divieto di sconti penalizza soprattutto i ceti sociali a basso reddito, è forse vero che c’è uno scollamento totale tra il mondo di chi governa e quello di chi è governato.
I fautori della norma invocano normalmente due argomenti. Il primo riguarda l’esigenza di promuovere la lettura attraverso la protezione delle piccole librerie. Si tratta di una tesi del tutto evanescente. Intanto perché il limite varrà per tutti, ed è probabile che i più penalizzati siano gli operatori che più faticano a stare nel mercato, non chi ha quote crescenti di mercato. Se le politiche di sconto fossero l’elemento determinante, infatti, non si capirebbe perché gli acquisti online di libri sono cresciuti dal 3,5 per cento del 2007 al 26,7 del 2019, ossia quando già c’era da otto anni il limite al 15 per cento. La verità è che le piattaforme online consentono di trovare – a proposito di promozione della lettura e pluralismo culturale! – tutto e sempre, con servizi di consegna straordinariamente competitivi. Ne sanno qualcosa quanti vivono non vicino a Montecitorio, ma nelle aree periferiche del paese.
Un secondo e più sottile argomento vuole invece che il divieto di sconti abbia come effetto quello di indurre gli editori a mantenere prezzi di copertina relativamente bassi. Senza alcun vincolo, si dice, alzerebbero i prezzi, in modo da consentire ai rivenditori di usare sconti apparentemente clamorosi per gabbare i clienti. A nostra conoscenza non esiste evidenza solida su questo aspetto, ma sappiamo qualcosa su vendite e ricavi. Tra il 2011 e il 2019 il mercato è sceso da 109,0 a 100,2 milioni di copie (-8,1 per cento), mentre il fatturato è salito da 1,432 a 1,493 miliardi (+4,3 per cento). Significa che il prezzo medio di vendita dei volumi è salito da 13,1 euro a 14,9 euro (+13,4 per cento, quasi il doppio dell’indice dei prezzi al consumo). Questo non ha fermato l’emorragia delle piccole librerie: tra il 2012 e il 2019 ne abbiamo perse circa 245 su 3.544. La “legge Levi”, insomma, non ha funzionato: abbiamo meno librerie e volumi più costosi. Per questo, forse, si è pensato che il limite del 15 per cento non bastava: di fronte all’inefficacia di quella norma, si è scelto di renderla più aggressiva.
Leggere e comprare libri (che pure sono due cose diverse) è senz’altro fondamentale per sé ma anche per il livello generale di consapevolezza, informazione e istruzione di una società. Tuttavia, pensare che basti vietare gli sconti per promuovere la lettura è, se non ipocrita, quanto meno ingenuo. Se fosse così, non dovremmo avere libertà di prezzo per nessun prodotto culturale, e forse anche per i beni di prima necessità. E invece leggere, informarsi, acculturarsi sono attività che convivono con molte altre, anche nuove, attività. Il concorrente delle librerie non si chiama Amazon e affini, che peraltro funzionano anche da marketplace per editori e librerie indipendenti, ma sono gli smartphone. Oggi leggiamo sicuramente molto più di quanto non facessero i nostri avi, non fosse altro che, nel 1951, il 12,9 per cento della popolazione non sapeva né leggere né scrivere, all’ultimo censimento (2011), l’1,1 per cento. Possiamo fare molto per perorare la causa della lettura, come ha dichiarato il ministro Dario Franceschini commentando con soddisfazione la legge appena approvata, ma tra quel molto è difficile immaginare che ci sia il divieto di sconto sul prezzo di copertina.
Il vero capolavoro, comunque, è quello di aver imposto per legge una condotta che, se adottata privatamente, sarebbe stata probabilmente sanzionata dall’Antitrust. In principio gli accordi verticali non sono preoccupanti, ma lo diventano nel momento in cui si tratta di una pratica generalizzata, in un mercato che a monte (l’editoria) è più concentrato che a valle (le librerie), e dove quindi favoriscono pratiche collusive esplicite o tacite. Comunque la si giri, il tetto del 15 per cento rappresentava un limite alla libera iniziativa e un danno per i lettori. Che oggi venga peggiorata con l’entusiastica adesione di tutte le forze politiche è segno dei tempi. Così muore la libertà: sotto scroscianti applausi (cit.).

Oppositori cercasi!

Sono certo che nel campo degli oppositori ci siano pareri da posizioni e punti di vista differenti che vorrei leggere e ascoltare. A parte l’accenno al “popolo” che leggerà ancora meno (non proprio elegante) anche qui si tratta di una scommessa: prezzi mediamente più alti, senza sconti, uguale meno lettori.

Riporto qui per comodità le parti della legge che riguardano la questione degli sconti:

Art. 8. (Modifiche alla legge 27 luglio 2011, n. 128, in materia di sconti sul prezzo di vendita dei libri. Relazione alle Camere)

1 – Il comma 2 dell’articolo 1 della legge 27 luglio 2011, n. 128, è sostituito dal seguente: “2 – Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura e, anche attraverso il contrasto di pratiche limitative della concorrenza, alla tutela del pluralismo dell’informazione e dell’offerta editoriale”.

2- I commi 2, 3 e 4 dell’articolo 2 della legge 27 luglio 2011, n. 128, sono sostituiti dai seguenti:

“2- La vendita di libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, è consentita con uno sconto fino al 5 per cento del prezzo apposto ai sensi del comma 1. Il limite massimo di sconto di cui al primo periodo è elevato al 15 per cento per i libri adottati dalle istituzioni scolastiche come libri di testo. I limiti massimi di sconto di cui al primo e al secondo periodo si applicano anche alle vendite di libri effettuate per corrispondenza o tramite piattaforme digitali nella rete internet. I limiti massimi di sconto di cui al primo e al secondo periodo non si applicano alle vendite di libri alle biblioteche, purché i libri siano destinati all’uso dell’istituzione, restando esclusa la loro rivendita.

3 – Per un solo mese all’anno, per ciascun marchio editoriale, le case editrici possono offrire sul prezzo di vendita dei propri libri uno sconto maggiore del limite di cui al comma 2, primo periodo, ma comunque non superiore al 20 per cento del prezzo apposto ai sensi del comma 1. L’offerta è consentita nei soli mesi dell’anno, con esclusione del mese di dicembre, stabiliti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, da adottare, in sede di prima attuazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
L’offerta non può riguardare titoli pubblicati nei sei mesi precedenti a quello in cui si svolge la promozione. È fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali.

3 – bis. In uno dei mesi individuati ai sensi del comma 3, una sola volta all’anno, i punti di vendita possono offrire sconti sui libri con la percentuale massima del 15 per cento.

4 – Sono vietate iniziative commerciali, da chiunque promosse, che accordino sconti superiori ai limiti previsti dal comma 2, anche nel caso in cui prevedano la sostituzione dello sconto diretto con la consegna di buoni spesa utilizzabili contestualmente o successivamente all’acquisto dei libri sui quali sono riconosciuti.”

3 – Decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con l’autorità di Governo competente in materia di informazione e di editoria, con riguardo alle rispettive competenze, predispone e trasmette alle Camere una relazione sugli effetti dell’applicazione delle disposizioni dell’articolo 2 della legge 27 luglio 2011, n. 128, come modificato dal presente articolo, sul settore del libro.

Sull’argomento VEDI ANCHE:
Per la critica della legge. Lettera aperta ai suoi sostenitori indipendenti e soprattutto ai lettori che sono indipendenti per natura

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